Il Sole 24 Ore
Abbiamo gettato un'ancora di protezione sociale in un settore delicato. Per il governo questo è un valore da rivendicare, chi si batte per la società aperta non è insensibile alla tutela del lavoro». A Palazzo Chigi il premier Paolo Gentiloni presiede alla cerimonia di firma del protocollo d'intesa sui call center assieme al ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. E sottolinea come si tratti di un impegno tra i «più rimarchevoli e significativi che possiamo rivendicare in Italia».
Coinvolti i big player
Tredici le imprese private committenti coinvolte nell’accordo. Una platea di soggetti, ricorda Calenda, che costituisce il 65% del settore sulla base del fatturato: Eni, Enel, Sky, Mediaset, Tim, Vodafone, Wind Tre, Fastweb, Intesa SanPaolo, Unicredit, Poste Italiane, Ntv, Trenitalia. «Il governo ha preso alcune decisioni nell'ultima legge di bilancio e ha cercato di lavorare ad alcune grandi vertenze che hanno investito gli operatori del settore». Ma, in questo caso, «ha svolto un ruolo solo di facilitatore», dice ancora Gentiloni. Tra i punti chiave del protocollo sui call center, siglato oggi, c'è l'impegno a limitare la delocalizzazione fissando «all'80% la soglia servizi erogati in Italia». È Calenda a evidenziare come si tratti del «primo caso in Europa».
Nel dettaglio, si prevede che «il 95% delle attività effettuaste in via diretta sia effettuato in Italia entro sei mesi dalla stipula e che per i nuovi contratti almeno l'80% dei volumi in outsourcing sia effettuato sul territorio italiano». Altro elemento sottolineato dal ministro è che «le gare sotto il costo del lavoro si impegnano a non venire fatte e questo è un dato di civiltà». Inserita anche la responsabilità di prevedere «strumenti analoghi a quelli previsti dalla norma in relazione alla clausola sociale o alternativamente a valorizzare l'impegno dei fornitori di garantire l'applicazione di strumenti di tutela dei lavoratori analoghi a quelli previsti dalla norma». La durata del protocollo, viene spiegato, è di 18 mesi e prevede una verifica dopo un anno.
Interessati 80mila lavoratori del settore
Dunque il presidente del Consiglio riconosce «l'impegno rilevante dal punto di vista della responsabilità sociale» assunto dai firmatari, che « fa onore ed è anche un impegno oneroso per le vostre imprese ma fa bene al Paese e lancia un messaggio di terra del lavoro, protezione sociale e responsabilità sociale delle imprese: un messaggio in questo momento particolare attuale». Allo stesso tempo rivendica il compito assunto dall’esecutivo e l'impegno a perseguire il «valore» della «protezione sociale in un momento particolarmente delicato e in un settore con una intensità del lavoro particolarmente importante». Settore, ricorda ancora il titolare dello Sviluppo economico, che interessa 80mila lavoratori.
Asstel: attenzione del Governo segnale positivo
Soddisfatta per la firma del “Protocollo di autoregolamentazione sui call center” Assotelecomunicazioni. In una nota Asstel, che in Confindustria rappresenta l'intera filiera delle telecomunicazioni parla di «strumento del tutto nuovo, anche nell'ottica di un approccio responsabile al business». L'associazione è quindi «pronta a dare il suo contributo» per «arrivare a stabilire una politica industriale per i servizi di customer care, capace di offrire condizioni strutturali a sostegno della buona imprenditoria e della crescita di competitività, produttività e qualità».
Assocontact: interessante passo in avanti per normalizzazione del mercato
Sulla stessa linea anche Assocontact, l'associazione nazionale dei call center in outsourcing aderente a Confindustria Digitale, che rileva come la firma del documento costituisca «un primo interessante passo avanti» per la «normalizzazione del mercato» e per «indirizzare l'erogazione di tali servizi verso il consumatore e cittadino con livelli di qualità sempre maggiori e tali da prevedere una remunerazione equa per le società fornitrici». Per il presidente Assocontact, Paolo Sarzana, è comunque necessaria una vera riforma del settore, con una legge che obblighi tutti a rispettare regole più stringenti per «rimettere in equilibrio il mondo dei call center, nel quale il servizio offerto non è ancora remunerato a livelli tali da sostenere l'equilibrio economico delle tante società di out-sourcing che vi operano».
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