Margini in caduta per i call center

Il Sole 24 Ore

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Ancora non sono state aperte procedure di licenziamento. Il tavolo al Mise su E-Care però c’è – un incontro era previsto per domani, ma è stato posticipato – per cercare soluzioni alternative e preventive data la tegola del calo di commesse e di attività che potrebbe cadere sui 200 dipendenti, 100 dei quali nel sito dell’Aquila. Quello che sta accadendo con E-Care – contact center da oltre 1.300 dipendenti con sedi a Roma, L’Aquila, Milano, Torino, Modugno (Bari) – è paradigmatico per capire i temi sul tavolo del settore dei call center in Italia. «L’azienda ha perso una commessa Vodafone a metà 2016. Poi è stata messa a gara una commessa di Poste Italiane, i cui volumi prima erano gestiti interamente da E-Care che invece ora ne gestisce il 40 per cento», ricostruisce Fabio Gozzo (Uilcom). «Una soluzione per L’Aquila andrà assolutamente trovata», aggiunge Fabrizio Tola (Slc Cgil).

Calo di attività e quindi tensione sul fronte occupazionale. L’equazione si ripete ciclicamente in questo settore da poco meno di 80mila addetti, suddivisi a metà fra dipendenti che fanno customer care (“inbound”) e collaboratori che fanno attività di marketing e vendita (“outbound”).

Anche Almaviva Contact – società del gruppo Almaviva – che con i suoi 7mila dipendenti è la più grande realtà del settore in Italia, ha ricordato spesso di aver lanciato in passato appelli a metter mano al settore e al circolo vizioso generato da delocalizzazione spinta e abbassamento dei ricavi con gare sempre più al ribasso. Nel 2016 Almaviva Contact ha però alzato bandiera bianca e alla fine si è arrivati al licenziamento di 1.666 persone nella sede di Roma dopo che un estremo tentativo del Mise di allungare i tempi della trattativa è stato stoppato dalle Rsu (contrariamente a quanto deciso dalle segreterie nazionali e generali). Diversa la sorte di 845 lavoratori della sede di Napoli dove quell’accordo è stato invece firmato. Qui martedì azienda e sindacati territoriali si incontreranno per un primo strutturato check.

Ora, però, pochi giorni fa l’ordinanza di un giudice del lavoro ha stabilito il reintegro di 153 lavoratori della sede romana. La decisione va in senso opposto rispetto a quelle precedenti di altri 9 giudici. Ma tant’è: le lettere di reintegro sono già partite con l’opportunità per i ricorrenti di riprendere a lavorare a Catania visto che Almaviva Contact (che comunque ha annunciato ricorso) ha comunicato di aver chiuso il sito di Roma.

Al momento pendenti ci sono un’altra trentina di decisioni riguardanti 1.300 casi circa. Si vedrà. Certo è che il settore, a sentire sia i sindacati sia le imprese, sembra avvertire un crescendo di campanelli di allarme. Nel Rapporto Asstel, che sarà presentato il 28 novembre, si quantificano in 2 miliardi – e in salita fra il 2 e il 4% – i ricavi del settore nel 2016. Dall’altra parte anche i costi sono in aumento con marginalità crollata ed Ebitda al 4,6% dei ricavi: in calo dell’11% fra 2015 e 2016 e del 6% fra 2014 e 2015. Pur trattandosi di un mercato altamente frammentato, i primi 12 player generano oltre il 60% del fatturato totale che per il 90% viene da 50 aziende.

«L’attività nel nostro settore – spiega Paolo Sarzana, presidente di Assocontact – presenta livelli di remunerazione talmente bassi che per molte realtà non ne garantiscono la sopravvivenza. E se è vero che in questo momento non ci sono crisi attive, è altrettanto vero che ci sono tantissime imprese in sofferenza, che perdono soldi, con un rischio di default in aumento». Parlando di remunerazione il discorso finisce inevitabilmente sulla committenza. Qui il Mise ha portato 13 grandi società committenti a firmare a maggio un “Protocollo di autoregolamentazione sulle attività di call center in outsourcing”. Tra i punti qualificanti figura l’impegno a svolgere almeno l’80% delle attività in Italia. A breve ci sarà una verifica. «Vedremo i risultati. Certo è – aggiunge Sarzana – che è in arrivo anche il rinnovo contrattuale, con un inevitabile aumento dei costi. È chiaro che i futuri livelli di remunerazione dovranno tenerne conto e questi 13 grandi committenti dovranno dare l’esempio». Una mano nel riconoscimento delle remunerazioni alle aziende del settore è però attesa dalla pubblicazione della tabelle sul costo del lavoro, frutto dell’impegno fra le parti e il ministero del Lavoro.

Nel frattempo, le tensioni sui costi stanno spingendo sempre di più alle aggregazioni. Nel settore si attendono, quindi, altri piccoli e grandi consolidamenti nei prossimi mesi sulla scia di quanto successo l’anno scorso con la fusione tra Visiant e Contacta, aziende italiane quinta e nona sul mercato, che ha dato vita a Covisian. Lo stesso Gruppo Covisian ha qualche giorno fa annunciato di aver acquisito l’88% del capitale di Vivocha, azienda italiana specializzata in sistemi digitali per il Crm.

Fonte dell'articolo: Vedi su Il Sole 24 Ore
19 novembre 2017

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